Il tempo veloce di Assane Diao
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Assane Diao esulta andando ad abbracciare Patrick Cutrone dopo un gol (foto LaPresse)
Olive s3 e21
L'attaccante del Como è arrivato in Italia per giocare, perché a diciannove anni conta solo quello: giocare. In riva al Lario lo sta facendo sempre e bene. Un'accelerazione e un dribbling dopo l'altro, un gol dopo l'altro
Chi dice che i giovani devono essere lanciati con calma, con pazienza, centellinandone i minuti in campo senza responsabilizzarli troppo, lo dice perché non si ricorda più di quando era giovane, giovanissimo, e voleva solo una cosa: giocare a pallone e giocare il più possibile. Ci si scorda sempre di questo quando si diventa un matusa. A diciotto anni però non conta dove si gioca, l’importante è giocare e se arriva qualcuno che ti dice che giocherai con continuità e in Serie A perché l’allenatore ha deciso che serve uno con le tue caratteristiche, se non giochi al Real Madrid, te ne freghi se devi cambiare campionato, paese e vita. Soprattutto se quell’allenatore che ti vuole era uno di quei giocatori che vedevi da piccolo e dicevi “urca che forte”.
Assane Diao ha lasciato Siviglia e il Betis perché a Siviglia e al Betis giocava un po’ sì e un po’ no. Poteva andare altrove – di lui avevano chiesto informazioni dall’Inghilterra e dalla Germania, oltre che dalle più ricche squadre di Spagna – è finito in una squadra che non conosceva, in una città di cui non aveva nemmeno la più pallida idea di come fosse, sulla riva di un lago che non gli sarebbe forse mai venuto in mente di andare a vedere perché gli avevano assicurato che avrebbe giocato. E perché a farlo scendere in campo sarebbe stato Cesc Fàbregas, uno del quale Assane Diao diceva “urca che forte”.
A diciannove anni Assane Diao voleva giocare e farlo il più possibile. Per questo ha chiesto al Betis di dargli un prezzo, il Como ha pagato, lui se ne è andato da Siviglia e ha raggiunto un nuovo posto da chiamare casa almeno per un po’. Tanto di luoghi che ha chiamato per un po' casa ne ha visti e cambiati tanti. Da Ndangane, Senegal, a Badajoz, Spagna, da Cadice a Siviglia. Una in più o una in meno poco cambia.
Non ha detto che era il suo sogno vestire la maglia del Como. Non ha detto che desiderava più di ogni altra cosa giocare per il Como. Sa benissimo che il Como è solo un’altra tappa del suo viaggio, ha detto con sincerità quello che voleva fare: “Sono qui per divertirmi in campo. Divertirmi il più possibile”. Perché questo conta a diciannove anni: divertirsi. E ci si diverte solo se si è in campo. Si è mai visto nessuno divertirsi in panchina a vedere giocare gli altri.
Il tempo di un calciatore a diciannove anni è solo il presente. Il passato non esiste, il futuro può attendere, tanto arriverà. Ci si penserà quando sarò il momento. Il presente di Assane Diao è un presente veloce, da aggredire palla al piede, correndo perché la palla non ti arriva quasi mai se stati fermo. E Assane Diao corre, veloce. Non si concede tempo al tempo a diciannove anni. Lo si dribbla, lo si calcia. Come un pallone. Lo si indirizza in porta.
Gol.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Qui potete leggere tutti gli altri ritratti.
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