Il ritorno in Europa del Nottingham Forest


Foto Ap, via LaPresse
mercoledì di coppa
A trent'anni dall'ultima avventura in Coppa Uefa, il club inglese torna nelle coppe europee, in Europa League. E ci ritorna in un momento complicato, senza più in panchina l'allenatore della scorsa stagione
Dici Nottingham Forest e subito pensi a Brian Clough, uno dei manager più romanzeschi della storia del calcio inglese. Pensi alle due Coppe dei Campioni una in fila all’altra, a una storia europea senza precedenti per il suo cammino imprevisto e imprevedibile: una neopromossa nell’allora First Division che vince il campionato e poi si presenta da cenerentola al ballo delle grandi, uscendo con la coppa per due stagioni consecutive. Lì Clough tornò a respirare dopo la celebre e devastante esperienza da manager del Leeds, disegnando una parabola da favola durata diciotto stagioni.
Il percorso continentale di una ormai ex nobile decaduta del calcio inglese riparte questa settimana in Europa League da Siviglia, dopo un’attesa durata trent’anni: l’ultima volta nelle coppe fu agli ordini di Frank Clark, un’altra icona del club di cui è stato giocatore, allenatore e presidente, campione d’Europa in campo nel 1979 e manager dal 1993 al 1996, raccogliendo la guida tecnica proprio al termine del meraviglioso ciclo di Clough. Quella volta la corsa si interruppe ai quarti di finale di Coppa Uefa, nell’edizione che rese celebre agli occhi del mondo un giovane fantasista di Marsiglia che incantava con la maglia numero 7 del Bordeaux: Zinedine Zidane. A spazzare via gli inglesi fu il Bayern Monaco di Franz Beckenbauer in panchina, una di quelle anomalie che capitavano nella Uefa di una volta, una corazzata con Schöll e Klinsmann, un Matthäus ancora non del tutto crepuscolare e Papin, il totem Kahn in porta e Ciriaco Sforza in mezzo al campo. Da lì in avanti, per i “Garibaldi Reds”, l’oblio delle retrocessioni, anni spesi addirittura in League One, il purgatorio apparentemente infinito in Championship.
Questo doveva essere l’anno del ritorno in pompa magna in Europa, invece il Nottingham Forest è alle prese con un terremoto. Nuno Espirito Santo, che nella scorsa stagione aveva condotto la squadra a lungo in zona Champions League salvo poi crollare al settimo posto, non è più in panchina: il rapporto con il vulcanico patron Evangelos Marinakis è esploso all’improvviso. “Avevamo un contatto quasi quotidiano, purtroppo quest’anno, dopo alcuni eventi, non è più lo stesso”, aveva detto alla Bbc qualche giorno prima di finire esonerato, licenziato dopo una partenza da quattro punti in tre partite in Premier League. Già nella scorsa stagione tra i due i toni si erano alzati parecchio, specialmente quando Marinakis era apparso a bordo campo dopo un pari contro il Leicester con l’obiettivo di rimproverare in pubblica piazza il portoghese.
Qualcuno aveva immaginato che il suo successore potesse essere José Mourinho, invece il board del club, guidato dal gennaio del 2025 dall’ex Roma Lina Souloukou, ha scelto Ange Postecoglou, l’uomo che ha vinto l’ultima Europa League alla guida del Tottenham ma fin qui ha raccolto due sconfitte e un pari in tre partite, in un clima rovente che non sembra destinato a migliorare.
Il mercato ha visto la società pescare a piene mani dal nostro calcio (Ndoye, Douglas Luiz, Savona) e non sono mancati i classici esborsi mostruosi, dai 43 milioni per Hutchinson ai 35 per Bakwa e 30 per Kalimuendo. Postecoglou raccoglie un’eredità scomoda, perché Espirito Santo ha fatto benissimo dal suo arrivo nel dicembre 2023 – anche se il settimo posto sarebbe valso solamente l’accesso alla Conference League, divenuta Europa League a causa del declassamento subito dal Crystal Palace per via della proprietà condivisa con il Lione – e aveva la squadra dalla sua parte. Il fatto che una delle due sconfitte sia arrivata in Carabao Cup contro lo Swansea, che milita in Championship, certamente non ha aiutato. Contando anche il finale di stagione con il Tottenham, Postecoglou è a nove partite consecutive senza vittorie in Premier (sette sconfitte, due pareggi), evento che non si era mai verificato nel corso della sua lunga carriera da “journeyman”. “I giocatori stanno iniziando a capire quello che voglio da loro, per me è un segnale positivo”, ha detto dopo il pareggio con il Burnley. Ora non gli resta che dare un senso a un ritorno in Europa atteso trent’anni.
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