Maiellaro, l’ex fantasista dice la sua: «Punterei su D’Aversa»

BARI Seduti idealmente attorno a un tavolo che sa di nostalgia e passione, Pietro Maiellaro e Pino Giusto non usano giri di parole. Le loro voci, intrise di esperienza e amore per la maglia biancorossa, risuonano come fendenti nel silenzio assordante lasciato da una stagione che ha deluso tutti. Il Bari, reduce da un campionato senza anima e senza gloria, si ritrova oggi sospeso tra un passato senza obiettivi a bersaglio ed un futuro che si fa fatica persino a immaginare. Allenatore in bilico, progetto tecnico nebuloso, tifoseria stanca di promesse. È il momento delle verità scomode. Chi meglio di due ex che hanno vissuto il Bari con il cuore può mettere a nudo bilanci da stilare e aspettative per l’imminente domani.
«Giudicare la stagione conclusa dal Bari non serve - attacca Maiellaro nel valutare il torneo cadetto dei Galletti appena alle spalle -. Non si è valorizzato nulla, nemmeno i giovani. Credo che questo epilogo sia vergognoso, al culmine di un campionato completamente da cancellare e da dimenticare. Alla fine, la società fa quello che vuole. E la gente continua ad illudersi per nulla. Qualcuno fa i propri comodi, per non dire altro».
Consuntivo amaro, per quanto sino al giro di boa lo «Zar» foggiano avesse intravisto segnali incoraggianti in vista della seconda parte di regular season: «La squadra aveva delle qualità per centrare i playoff. E ci è stata dentro anche per parecchio tempo. Vuol dire che i mezzi per provarci c’erano. Su Longo mi sono sempre espresso in maniera positiva. Il mister aveva il polso della situazione nello spogliatoio. Toccava a lui comprendere il livello dei calciatori sul piano morale, mentale e fisico. Ad un certo punto, però, sembra aver perso il controllo forse perché sono venute meno tante cose. Non essendoci un obiettivo chiaro, Longo ha smarrito l’equilibrio. Di conseguenza, anche il rendimento dei giocatori si è abbassato. L’unica eccezione resta Dorval che, purtroppo, sembra il primo calciatore sul piede di partenza». Un addio annunciato dal cui trasferimento, molto probabilmente, deriveranno a cascata le operazioni di mercato in entrata. Una politica tutta da decifrare e poco rispondente ad una piazza esigente come Bari: «La tifoseria del Bari - aggiunge Maiellaro - non merita un trattamento del genere. Le delusioni non possono durare a vita. Sarei stato, invece, curioso di capire cosa sarebbe successo se si fosse andati in A due anni fa al posto del Cagliari. Forse, non si sarebbero susseguiti tutti i problemi piovuti nelle ultime due annate. E la piazza si sarebbe tolta un grosso peso. Perché, una volta in A, la proprietà avrebbe dovuto scendere a compromessi per vendere il club. Cosa che, al contrario, oggi non accade».
Uno stallo legato alla scomoda situazione societaria che vede la Filmauro a capo sia del Bari che del Napoli: «La multiproprietà è una galleria chiusa, una strada senza via d’uscita. La gente non va più presa in giro. Merita lealtà e chiarezza sugli obiettivi. Poi, ognuno deciderà liberamente se abbonarsi oppure no. Questi dirigenti che operano per il vertice (il riferimento è a Magalini e Di Cesare, ndc) devono essere più chiari, non telecomandati. Quando si finge, non va mai bene». Alla fine, pagherà l’allenatore: «Non credo che Longo sia un incapace. All’inizio del campionato ha fatto vedere cose buone. Se non hai fortuna al momento giusto, non vai da nessuna parte. Longo e il Bari sono stati come due candele consumatesi lentamente nel tempo». Tanti i nomi che circolano per il post Longo: «D’Aversa è spinto da Conte. Credo che lui abbia la personalità giusta per una piazza come Bari. Aquiliani può avere entusiasmo. Vivarini potrebbe essere agevolato conoscendo già l’ambiente. Se scegli uno esperto, devi lottare per i primi sei posti. Traguardo difficile da ipotizzare al momento. La società deve promettere meno. Solo una campagna acquisti all’altezza può smentire la tendenza degli ultimi investimenti al ribasso. Bisogna prendere ragazzi importanti, per un campionato sbarazzino in cui la gente può anche divertirsi. Altrimenti, non ne varrà la pena. Se i tifosi stanno decidendo di non abbonarsi più c’era da aspettarselo. Ai calciatori che verranno, consiglio di farlo con la testa giusta. Negli ultimi anni, a Bari si è villeggiato. Il tempo delle vacanze prolungate è finito».
Più che disquisire su quello che è stato, Pino Giusto si proietta su quello che sarà. Il primo nodo da sciogliere: «La società deve risolvere un problema di comunicazione con la città, uscendo allo scoperto per ricreare un rapporto che allo stato attuale non c’è. All’atto pratico, urge scegliere quanto prima un allenatore visto che, d’accordo con i ds Magalini e Di Cesare, si è deciso di rinunciare a Longo. Per quanto, parere mio, l’interruzione del rapporto col tecnico torinese sia stata una decisione quasi consensuale. Quando un rapporto è logoro, non ha senso portarlo avanti. Nel girone di ritorno, tra pochi risultati e alcune dichiarazioni fuori posto, Longo è andato nel pallone e non si è fatto più ben vedere dalla piazza. Se ha percepito questo, giusto cambiare aria e prendere decisioni drastiche. In linea teorica, se paga Longo stessa sorte dovrebbe seguire tutto lo staff dei dirigenti. Ma questo, per la società, è un passo troppo difficile e rischioso. Cambiare radicalmente aumenterebbe le instabilità». C’è un sostituto da individuare. La ricetta di Giusto presenta pochi ma buoni ingredienti: «Io punterei su un giovane per dare uno stimolo in più alla piazza. Non ha fatto granché da allenatore, ma Aquilani potrebbe possedere le giuste motivazioni venendo fuori da una esperienza negativa a Pisa. A prescindere dal tecnico, è la società che deve fornire segnali precisi. Mettere, cioè, a disposizione di chi verrà una rosa importante. Non serve un tecnico altisonante con un organico al risparmio. Occorre un mister più sbarazzino nel modo di giocare. Non è vero che un profilo all’antica ti assicura la vittoria. Il calcio è legato a tante situazioni. A quel punto, meglio un allenatore di medio cabotaggio, ma in grado di ricreare l’entusiasmo con un gioco brioso». C’è quasi una squadra intera di rifare: «È l’handicap che si eredita ogni anno per via dei tantissimi prestiti - prosegue Giusto -. Si è costretti a ricominciare sempre. A mio modo di vedere, la proprietà deve presentare un programma definito. Non è possibile andare in ritiro con i calciatori contati e poi fare un mercato in corsa di soli prestiti. Bari necessita di ben altro. Servono giocatori di proprietà per non ripartire sempre da zero. Visto che incombe la data del 2028 per la scadenza della multiproprietà, io punterei a fare un progetto di immediata risalita in A per provare a vendere il club nel migliore modo possibile. Non vorrei, si arrivasse al limite temporale prefissato col rischio di svendere il tutto».
La Gazzetta del Mezzogiorno